martedì 24 febbraio 2009

Una ronda non farà mai primavera

L´ Amaca

di Michele Serra

Se vi ferma una ronda, sarà vostra premura accertarvi subito da che partito è ispirata. Se leghista dovrete affrettarvi a diradare ogni sospetto sulla vostra etnia, se di Forza Nuova dovete correre molto forte, se ispirata da qualche sindaco di centrosinistra del Nord (ce n´è ancora una mezza dozzina) sarete voi a dovere rassicurare i rondisti, spendendo qualche buona parola per loro e rinfrancandoli. Più intricata l´interpretazione di eventuali ronde in Campania, Sicilia e Calabria, dove il rischio è mostrare i documenti alle tradizionali cosche locali che già presidiano molto validamente il territorio. Infine: se una ronda è composta da una sola persona, vuol dire che è dell´Udc.
Non esclusa l´istituzione, sul modello della Rai, di apposite Commissioni di vigilanza che provvedano a lottizzare le ronde tra i diversi partiti, affidando il prime-time alle ronde di governo e concedendo alle ronde di opposizione solo la terza serata, dalle due del mattino fino all´alba, quando anche i serial-killer dormono e il massimo della bella figura è aiutare un ubriaco a traversare la strada. Infine: qualora una ronda di venti o trentamila persone dovesse partire da Milano e marciare su Roma, è meglio non attardarsi a discutere sui principi costituzionali e riparare molto velocemente verso la frontiera più vicina.

martedì 17 febbraio 2009

Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno



Intervento sulla mozione di sfiducia al Presidente del Consiglio


Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno

La ringrazio Presidente,

Prendo la parola in questa sede oggi per l’intervento forse più difficile nella mia esperienza politica di 10 anni.

Lo faccio per la stima che nutro nei confronti di un’istituzione della quale ho sempre avuto un grande rispetto per la storia di cui è portatrice e per gli uomini e le donne che l’hanno nel corso dei decenni,resa tale.

L’ho scritto nella mia lettera di dimissioni consegnata poche ore fa alla Conferenza dei Capigruppo;quando nel 2006 fui eletto in questo Consiglio,con tutti i timori dell’età e del significato alto che aveva per un ragazzo di 24 anni entrare in questi luoghi speravo ed ho sperato a lungo di potermi formare attraverso le storie politiche,le esperienze di uomini e donne molto più maturi di me.

In alcuni casi è stato così,in altri invece mi è spesso stato consigliato di curare i miei interessi e le mie ambizioni sopra tutto e sopra tutti. Mi veniva suggerito di assecondare le pulsioni al carrierismo,in una corsa verso il Potere e di ignorare il resto.

Non è mai stato e non sarà mai così.

In questi anni qui dentro ho sempre cercato di non tradire i miei ideali,il rispetto nei confronti del prossimo oltre le distanze abissali della politica,provando a saper essere duri senza mai perdere la tenerezza.

Le critiche,soprattutto nei confronti di chi ti è più vicino sono ancora più dolorose rispetto a quelle verso gli avversari.

Anche attorno al gesto delle mie dimissioni,non sono mancate le voci di chi vi ha letto un ultimo disperato tentativo per poter concorrere alla carica più prestigiosa di questa Sala,la carica di Presidente del Consiglio.

Solo una lettura parziale e superficiale da parte di chi non mi conosce o di chi ha pensato di sovrapporre su di me gli abiti di altri,può aver dipinto uno scenario di questo tipo.

L’ossessione per questa carica cari colleghi ,è il caso di dirlo, ha colto altri ma non il sottoscritto se è vero che anche attorno alla mozione di sfiducia nei confronti del Presidente Castronovo si annida il dubbio fondato che sia stata scritta per motivi che nulla hanno a che fare con la manifestazione dei militanti di Free Palestine e con l’incidente istituzionale seguitone.

In altri tempi,Signor Presidente lei se la sarebbe cavata con una mozione di censura da parte del Consiglio ma così non è stato.
La sua, Presidente ,è sempre stata una poltrona scomoda,ed in molti si sono spesso esercitati ad accentuare le difficoltà che ha riscontrato in questi tre anni;lei è spesso stato bersaglio e non arbitro e questo ha compromesso la sua funzione nel corso del tempo oltre gli errori legittimi che ognuno di noi può compiere.

Oggi ci troviamo però in una condizione diversa con oltre 40 consiglieri di questa Sala che non si riconoscono nella sua funzione di Presidente del Consiglio e forse sarebbe stato opportuno e consigliabile non arrivare a questo punto,a questa discussione ed al voto di sfiducia sul quale tra qualche ora saremo chiamati ad esprimerci.

Sarebbe stato più logico,ascoltare le indicazioni del Partito che l’ha eletta insieme a me nel 2006 e che accettò quella carica nell’ambito di un accordo programmatico e di coalizione tutt’oggi valido.

Non per lasciare posto a qualcun altro,me compreso, ma per dare un senso alla democrazia interna ad un Partito e alla funzione ed al significato che ancora riveste per un comunista lo stare seduto in istituzione,soprattutto con incarichi di prestigio.

Non siamo qui per noi stessi siamo qui per rappresentare quel mondo,quella Città di sotto che vive oggi una crisi senza precedenti e che non si riconosce più nei Partiti e nelle Istituzioni.

Quei ceti deboli che non capiscono i nostri dibattiti sterili ed avulsi dalla realtà drammatica che la recessione ci consegna.

Siamo qui per dare un senso alla rappresentanza politica della nostra gente,dei cassintegrati,dei precari,dei tanti che ci hanno votato 3 anni fa e che probabilmente oggi sarebbero in dubbio sul rinnovarci la delega,la fiducia.


La crisi della politica e della Sinistra sta anche in questo,nelle caricature da macchietta che si sostituiscono ai grandi uomini politici del passato e non a caso i giovani guardano con sempre maggiore diffidenza a questo mondo.

Noi,signor Presidente,non abbiamo fatto molto per colmare quel divario ma siamo entrati nella stessa logica che avremmo dovuto combattere,dell’interesse personale sopra il bene pubblico.

Questa è la raffigurazione e la percezione esterna che emerge scorrendo le pagine dei giornali delle ultime settimane.

Proprio nei giorni in cui tutto questo aveva inizio il mio Partito produceva in grande quantità un bellissimo manifesto con il ritratto di Enrico Berlinguer con una sua frase sulla questione morale del 1981,l’anno prima della mia nascita.

Forse anche per questo ho ritenuto non più sopportabile il peso ed il significato dell’eredità che sopra ognuno di noi,in piccole parti grava.

Continuo a pensare che la Sinistra debba e possa ripartire dagli insegnamenti di questo come di altri grandi uomini del passato per sfuggire alle miserie dell’oggi.

Anche per questo Presidente le chiedo per un’ultima volta di seguire le indicazioni e i suggerimenti della Comunità politica che ci ha eletto per tornare ad occuparci del Bilancio,della Crisi,del Welfare municipale perché il tempo sta per scadere.

Dobbiamo ricostruire una credibilità e non sarà facile fino a quando il suo nome verrà indebitamente e inappropriatamente accostato sui quotidiani nazionali al caso Villari,ma si sa ai giornali è sempre piaciuto metterci in ridicolo,specie quando gliene si danno gli argomenti.

Se così non sarà,Signor Presidente,seguiremo,le indicazioni del nostro Partito e voteremo contro la mozione di sfiducia presentata da alcuni partiti della coalizione che guida questa città.

Consapevoli delle conseguenze che questo nostro voto determinerà ma non strappando quel filo che lega gli eletti nelle istituzioni con i rispettivi partiti.

Da domani ripartirà probabilmente il toto presidente a ridosso della discussione su un bilancio difficile che necessiterebbe di tutte le nostre attenzioni ed intelligenze.

La nostra città non merita questo spettacolo,la serietà dei problemi che la attraversano nemmeno.

Diceva Enrico Berlinguer “Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno” ,proviamo a ripartire da qui Signor Presidente,con l’umiltà ed il rispetto necessario.


Luca Cassano

sabato 7 febbraio 2009

ATTACCO ALLO STATO di Concita De Gregorio



Eluana non c’entra. Questo pregio almeno
ha avuto la terribile giornata di ieri. Sgombrare
il campo da un residuo per quanto
improbabile dubbio: che fosse un’umana
convinzione o una fede a guidare l’azione
del presidente del Consiglio. Non è così. È
convenienza. È una spaventosa battaglia di
potere che viene giocata sulla carne di una
donna in coma. Eluana è un pretesto. È
doloroso, quasi impossibile dirlo. Eppure è
così. Eluana non c’entra.
Silvio Berlusconi ha sferrato ieri un definitivo
assalto al Quirinale, ha aggredito la più
alta delle istituzioni repubblicane, ha minacciato
di cambiare la Costituzione se essa
sarà di ostacolo alla sua volontà, ne ha additato
il custode, Giorgio Napolitano, come si
fa col responsabile di un delitto. E ha commesso
la più ignobile delle mistificazioni:
usare la sofferenza di una persona e di una
famiglia come leva emotiva e demagogica
per attaccare la più alta carica del Paese e
scardinare le regole di uno Stato di diritto:
ignorarle, irriderle. Ha trattato come strumenti
del suo potere il Vaticano, il governo,
il Parlamento. Ha cacciato via con un colpo
di mano mesi e mesi di calvario trascorsi da
una famiglia tra appelli e ricorsi ad aspettare
la decisione definitiva della giustizia. La
giustizia ha parlato, ma più forte parla lui. E
se qualcuno si oppone, via con un gesto del
braccio anche costui, chiunque egli sia.
Non è l’ansia di popolarità che sempre lo
guida attraverso il suo strumento-feticcio, i
sondaggi, questa volta a muoverlo. I sondaggi
dicono: pace per Eluana, rispetto. La
maggior parte degli italiani è con Beppino
Englaro e condivide la sua pena. La partita è
un’altra, molto più grande e decisiva: il potere
che lo aspetta, le regole del gioco da
scrivere o da riscrivere, la posta in palio il
Quirinale. Con qualunque mezzo. Pazienza
se la tremenda partita a scacchi di queste
ore, una vera corsa contro il tempo, si traduce
in un supplizio, in una tortura fisica su un
corpo inerme: la fine dell’alimentazione
forzata è stata avviata, l’organismo esanime
si sta abituando, domani con una legge
potrebbe riprendere, poi magari diminuire
di nuovo e poi aumentare ancora. Una
manopola che cambia le dosi seguendo i
singulti della politica. Orribile.
Ha detto, ieri: Eluana potrebbe avere figli.
Come, da chi? Ha detto: un’indagine veloce
che abbiamo commissionato a un istituto di
ricerca - un sondaggio, sì - ci dice che gli
italiani pensano che suo padre dopo 17 anni
possa essere stanco. Un fior di sondaggio. E
dunque? Dunque il padre si faccia da parte,
saranno le suore ad occuparsi di sua figlia.
Parole irricevibili, inascoltabili. Ma la partita
è altrove, appunto. Questi sono dettagli, è
l’occasione che si è presentata per la prova
di forza. Lo scontro è definitivo e ci riguarda
tutti, ci mette tutti in pericolo di vita: vita
democratica. Il capo dello Stato si erge con
coraggio, con la forza semplice del richiamoalle
leggi, come baluardo di un sistema
di convivenza fondato sulle regole di tutti e
non sulla parola di uno solo. Viviamo un
tempo oscuro di violenza sorda. Siamo tutti
con Napolitano. I nomi qui accanto sono i
primi di una lunghissima serie di persone
che hanno cercato questo giornale, ieri, per
dirlo. Siamo con lei. Avanti, presidente.